Spoleto 2015, pp. 496, ISBN: 978-88-6809-068-5
Il volume raccoglie una serie di ricerche pubblicate nell’arco di un trentennio sui temi della giustizia in Italia nei secoli dall’VIII al XIII, dall’età longobarda, carolingia e postcarolingia sino alla prima e alla seconda età comunale. La fonte principale delle indagini è costituita dai placiti e dalle notitiae iudicati, nell’intento di mettere a fuoco il ruolo svolto dai giudici nella decisione delle cause, collegando i profili dell’ordinamento giudiziario con le regole processuali, in particolare quelle concernenti le prove, la cui dinamica è essenziale per l’intelligenza del processo. Ne risulta, sin dall’età longobarda, un grado di discrezionalità e di autonomia dei giudici superiore a quello tradizionalmente assegnato dalla storiografia alla giustizia altomedievale e comunale. Emergono inoltre sia corposi elementi di continuità che ben distinte fasi di discontinuità verificatesi rispettivamente nei secoli X e XII, la prima attraverso la rigida formalizzazione postcarolingia della procedura, la seconda con la rivoluzione comunale e con la giustizia dei consoli, ancora troppo poco studiata. Diversi saggi focalizzano l’indagine sui placiti e sulla giusitizia comunale di Milano dall’età longobarda sino alla fine del Dueento. Il secondo filone principale delle ricerche è costituito dall’esame e dalla valutazione del ruolo della dottrina giuridica sul processo alle soglie della nascita del metodo nuovo introdotto dalla scuola di Bologna, che viene esaminato sia nella prassi dei primi processi “dotti” tra la fine dell’XI e l’inizio del XII secolo, sia nel pensiero dei Glossatori in tema di appello, sia infine nei duecenteschi formulari processuali di Martino da Fano e di Rolandino di Passeggeri.
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